Quando si parla di turismo natalizio solitamente si è portati a pensare a mercatini, tessuti, artigianato locale, omini di pan di zenzero e casette di cioccolato, lucine, alberi di Natale, decori, addobbi e chi più ne ha più ne metta. Se però si parla di turismo natalizio a Napoli, la questione cambia. Nella città partenopea infatti la tradizione e la cultura napoletana mettono tutte queste cose al secondo posto poiché il principe del Natale è uno solo: il Presepe.
La Madonna, San Giuseppe e il Bambinello: l’idea di San Francesco nata a Greccio è diventata a Napoli un vero e proprio culto che affonda le sue origini nel ‘700. Se infatti nei secoli precedenti si vedevano presepi solo nelle chiese, a partire dal ‘700 i nobili cominciarono proprio a sfidarsi nel mostrare nelle fastose dimore il presepe più maestoso, imponente e particolareggiato nelle architetture e nelle sculture. Giuseppe Sammartino fu il più importante scultore del ‘700 che riuscì a plasmare i primi pastori in terracotta e da lui ebbe origine la scuola di artisti del presepe.
Il presepe del ‘700 è la rappresentazione in miniatura di scene di vita di Napoli, ricreate nei minimi dettagli nelle ambientazioni e nei pastori, che si affiancano alla Natività. A Napoli la grotta cede il passo alla colonna spezzata, simbolo della caduta del paganesimo. La Sacra Famiglia e i Re Magi, che a Napoli hanno un nome: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, occupano, nei loro sfarzosi abiti intessuti a mano, il posto più alto e centrale nel presepe. D’obbligo c’è poi l’osteria, che non aveva posto per Maria e il suo sposo, con tanto di forno a legna con fuocherello, tavoli con pastori che pranzano e pizzaioli e camerieri che servono ai tavoli, vicoletti con le icone sacre della Madonna del Rosario o di San Gennaro, fontane e case settecentesche napoletane con interni curatissimi nei minimi dettagli dai piatti alle stoviglie di rame, alle pavimentazioni e all’arredo, carovane e pastori con tanto di doni da offrire al Bambinello dal pane, simbolo di fecondità al vino, simbolo di buona fortuna. Non manca poi mai lo straniero che va incontro a Gesù quindi il convertito, la statuetta della donna di colore col suo bambino in braccio, consuetudine vuole si chiami Stefania poichè madre del piccolo Stefano nato per miracolo, e nemmeno Benito, il pastore che dorme, simbolo di chi non accoglie il Natale nel suo cuore ed è restio alla fede ma da qualcuno considerato anche colui che sogna il presepe e quindi indispensabile per l’esistenza del presepe stesso. Non mancano nemmeno i pastori intenti a giocare a carte o a tombola, Don Vincenzo e Don Pasquale simbolo di chi gioca a carte con la morte, la zingara, simbolo dell’esoterismo partnenopeo che non manca mai, mentre il pescivendolo vende i capitoni per il cenone, il macellaio vende i migliori tagli di carne a prezzi convenienti e qualche pastore si intrattiene a comprare caldarroste per suo figlio.
Insomma il presepe napoletano è anch’esso una delle magie di Napoli che accosta sempre il sacro al profano, una magia che ancora oggi possiamo ritrovare nelle botteghe della via dei presepi di Napoli: Via San Gregorio Armeno, un vicolo stretto e lungo con botteghe di mastri artigiani a destra e sinistra, un brulicare di luci e suoni, e mentre un Pulcinella in carne e ossa si affianca a noi suonando il tamburello, si può entrare in queste botteghe e ammirare questi artisti all’opera mentre tramutano la loro passione in forma. Mentre si è intenti nella scelta del pastore che manca al nostro presepe è possibile osservare con quale maestria questi scultori di oggi lavorano la terracotta e con quale abilità e velocità danno quasi vita ad un Gesù Bambino o ad una Madonna ma anche a personaggi di attualità dal calcio, primo tra tutti Maradona, il dio profano dei napoletani, alla politica, allo spettacolo.
Per un Natale fuori dai circuiti soliti ma dentro la vita della Napoli del ‘700 niente di meglio di una gita nella città di Partenope che riesce sempre a stupire col suo mix di sacro e profano… soprattutto a Natale!